Agente, account manager, key account, product manager, relationship manager, representative, promoter, area manager, export manager, customer assistant, rappresentante, esperto finanziario, informatore medico scientifico, tutti noi vendiamo e lo sappiamo bene, ma non vogliamo dirlo ad alta voce. I biglietti da visita con scritto “venditore” non esistono più, ci davano un senso di imbarazzo.
Vendiamo e ce ne vergogniamo.
Se nostra madre ci chiedeva che mestiere fai, non ci piaceva rispondere “venditore”, sembrava di dire “non ho una professionalità”, “non ho trovato di meglio”, soprattutto con un diploma o ancora di più con una laurea alle spalle. Tanto meno a lei piaceva sentirlo. E così si diceva altro, se proprio si doveva citare la parola vendite la si diceva in inglese, con vicino un bel manager perché in definitiva tutti quanti gestiamo qualcosa, o no? Scrivevamo quindi un bel “Sales Manager” e tutti erano contenti di quel compromesso, anche la nostra coscienza.
Oggi basta.
Noi che facciamo della vendita la nostra professione, oggi ci ribelliamo. Non incasellateci come stereotipo del venditore d’altri tempi, quello che vendeva il frigorifero agli eschimesi con tecniche quasi ipnotiche. Basiamo le attività negoziali sulle capacità di comprendere il cliente e il valore che possiamo generare. Lo facciamo con professionalità, impegno e fatica. Cerchiamo di non sbagliare anche se, come tutti i professionisti, non siamo perfetti. Siamo però in buona fede e convinti che il nostro operare spinga il mondo in avanti perché in definitiva aiutiamo le persone (e le aziende) a scegliere ed agire.
Non ci vergogniamo di prendere una provvigione per le nostre vendite, perché ci ricambia di un lavoro duro e senza soste. Un lavoro che ci tiene volenti o nolenti costantemente aggiornati, pena la rapida espulsione dal mercato in base alla misura più chiara ed oggettiva di tutte: il fatturato.